La pandemia ha stravolto le attività dei servizi alla persona, sottoponendo utenti e operatori a restrizioni per tutelare la salute di tutti. Queste doverose misure hanno minato nel profondo l’essenza stessa dei servizi, togliendo momenti fondamentali di condivisione e partecipazione. Il centro diurno per anziani Il Melograno di Bologna ha attivato comunque due progetti rivolti ai suoi utenti: l’ortoterapia e il progetto “Cuscini sensoriali” (ne avevamo parlato qui), ideato dal dott. Marco Lorusso, neuropsicologo e psicoterapeuta di Società Dolce.
“Cuscini sensoriali” è un intervento psicosociale che si rivolge a persone affette da demenza di grado moderato-grave, che presentano disturbi comportamentali: nel progetto è stata coinvolta la d.ssa Vincenza Iacono, tirocinante presso il centro diurno. Iacono ha sviluppato la sua tesi per il master di II livello in neuropsicologia clinica su questo progetto e abbiamo deciso di incontrarla per rivolgerle qualche domanda.
Come mai ha scelto questo tipo di esperienza?
La specializzazione post-laurea che ho scelto riguarda in particolare la fascia adulto-anziano: per questo, dopo un periodo di volontariato presso il Melograno ho scelto di mettere in atto le competenze acquisite attraverso un tirocinio propedeutico anche alla stesura della mia tesi di specializzazione.
A cosa serve la stimolazione sensoriale?
Quando la richiesta ambientale eccede quello che è livello adattivo della persona emergono comportamenti ed emozioni disadattive. L’idea di fondo è che sia necessario trovare un giusto equilibro tra capacità degli utenti e stimolazione ambientale: infatti il deterioramento cognitivo dipende dall’interazione tra la compromissione cognitiva e l’ambiente e i processi psicosociali. Per questo nella quotidianità sarebbe importante individuare quei comportamenti che possiamo definire “negativi” che il caregiver rischia di mettere in atto anche per mancanza di conoscenza (infantilizzazione e stigmatizzazione): un importante passo da attuare da parte dei caregiver è quello di tenere un comportamento positivo ovvero riconoscere le persone in quanto persone, validandone comportamenti ed emozioni del momento. La stimolazione sensoriale può essere uno strumento utile in questo senso, poiché nelle persone con demenza i sensi sono l’ultima cosa che si perdono; diventa quindi come una “protesi”, ovvero un sostegno ma non una sostituzione della persona nello svolgimento delle attività.
Qual è l’effetto della stimolazione sensoriale?
Attraverso l’approccio Snoezelen avviene la stimolazione sensoriale in un ambiente creato e multisensoriale: le richieste dell’ambiente in questo modo sono controllato, non vanno quindi ad eccedere rispetto alle capacità cognitive dell’utenza, riducendo così i comportamenti disadattivi e producendo uno stato di benessere che riguarda non solo il paziente, ma anche i familiari, gli operatori e tutto il contesto esterno in interazione con la persona. Per questo l’approccio Snoezelen si colloca all’interno di un modello biopsicosociale, perché coinvolge più aspetti della vita di una persona (salute fisica, salute psicologica, salute sociale).
Sono stati compiuti degli studi per verificare la validità dell’approccio Snoezelen?
Una serie di studi confermano i risultati: è essenziale però che sia realizzato sull’utente in maniera continuativa. Presso il CD Melograno sono state organizzate due sedute settimanali. Bisogna considerare che ci sono moltissime variabili, ad esempio: tipologia di demenza, caratteristiche personali degli utenti, progressione della malattia. I primi studi sull’approccio Snoezelen sono stati condotti su specifiche tipologie di demenza, poi si è rivolto ad altre tipologie.
Oltre al metodo Snoezelen può suggerire altre attività da inserire nel progetto?
L’obiettivo principale della stimolazione sensoriale è quello di ridurre i comportamenti disadattivi (ansia, irritabilità, …) a favore di stati di calma che migliorano le relazioni con l’esterno. Si possono associare delle attività più individualizzate, sfruttando la collaborazione sviluppata dall’utente, andando quindi a lavorare sulle funzioni cognitive residue dell’utente.
Questo progetto può coinvolgere familiari e caregiver?
Quando i tempi lo permetteranno, si potrebbe pensare a un incontro di stimolazione sensoriale anche con i familiari, affinché possano comprendere i risultati della stimolazione, che è la chiave di accettazione della malattia. La stimolazione sensoriale avviene in un “ambiente creato” (musica rilassante, candele profumate, luci soffuse): una situazione simile può essere riprodotta anche a casa, stabilendo una routine. Rispetto al trattamento realizzato in un ambiente non familiare, l’effetto è minore: in ogni caso, la stimolazione sensoriale aiuta a ridurre i comportamenti disadattivi. Il coinvolgimento dei familiari, a seguito di opportuna formazione, potrebbe essere un fattore molto positivo.
Il progetto è stato fortemente voluto dal centro diurno e dai suoi operatori: i cuscini sono stati preparati dagli operatori stessi, sotto la supervisione del dott. Lorusso e la dott.ssa Iacono. L’apporto della d.ssa Iacono è stato fondamentale: questo tipo di percorso deve essere sempre supervisionato da un professionista, che accompagna il team di lavoro.
Dato il successo del progetto, il centro diurno sta sviluppando un progetto itinerante che coinvolga le famiglie presso il domicilio.