Fin dalle prime fasi della diffusione della pandemia da Covid-19, gli psicologi si sono impegnati nel fornire supporto al personale sanitario, ai pazienti e alle persone che si sono trovate forzatamente a subire le misure di isolamento sociale; tali interventi erano mirati a prevenire l’insorgenza di problematiche psicopatologiche quali il disturbo post-traumatico da stress, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, insonnia e sintomatologia ossessivo-compulsiva.
Le conseguenze indirette del lockdown come la ridotta mobilità e limitazione delle attività sociali che hanno coinvolto le popolazioni cognitivamente più fragili che comprendono sia patologie dello sviluppo (paralisi cerebrali infantili, disturbi dello spettro autistico, sindromi genetiche, ADHD, DSA, etc.) sia patologie acquisite (ictus, tumori, traumi cranio-encefalici, encefaliti, sindromi neurodegenerative, demenze, sclerosi, etc.) che anziani a rischio di sviluppare decadimento cognitivo. Infatti, la riduzione delle interazioni sociali e della mobilità ha comportato non solo la sospensione dei trattamenti specifici di abilitazione/riabilitazione cognitiva, ma anche una riduzione delle stimolazioni ambientali, fondamentali per lo sviluppo delle capacità in bambini cognitivamente fragili e per il mantenimento dell’autonomia funzionale e cognitiva di adulti ed anziani.
Le recenti pubblicazioni in letteratura hanno messo in luce la possibilità di danni del virus al sistema nervoso centrale e le ripercussioni sul funzionamento cognitivo; in particolare sono state riscontrate alterazioni cognitive quali disturbi della memoria, deficit delle funzioni esecutive e, nei soggetti più anziani e con forme severe, stati confusivi. Tali compromissioni sono dovute sia al coinvolgimento virale del sistema nervoso sia ai lunghi periodi di ipossigenazione e alle lesioni cerebrali. Da qui è emerso gradualmente un altro obiettivo dell’intervento del professionista neuropsicologo, che riguarda in modo particolare le funzioni cognitive superiori e la loro possibile alterazione come esito diretto dell’infezione da SARS-CoV 2.
Le alterazioni cerebrali hanno conseguenze neuropsicologiche (cognitive e comportamentali) con forte impatto sull’autonomia della persona, le quali possono persistere per tempi limitati o cronicizzarsi. In entrambi i casi, l’individuazione, il monitoraggio e il trattamento neuropsicologico dei deficit diventa fondamentale per permettere una corretta programmazione dell’assistenza e una piena comprensione delle conseguenze dell’infezione. La diagnosi del quadro cognitivo ha quindi l’obiettivo di inquadrare il deficit per permettere l’implementazione di programmi di riabilitazione specifici per i danni emersi.
Presso l’Ambulatorio “Spazio Salute” il servizio di neuropsicologia si occupa di elaborare un profilo neuropsicologico che evidenzia i domini cognitivi deficitari inquadrandoli ai fini del trattamento con lo specifico obiettivo di elaborare un piano di trattamento di riabilitazione individualizzato; inoltre, verranno prese in carico le problematiche cognitive e comportamentali all’interno dello specifico contesto familiare e sociale di riferimento per il paziente, garantendo così un più efficace outcome riabilitativo.
Dott. Marco Lorusso
Psicologo, esperto in Neuropsicologia e Riabilitazione Neuropsicologica
Società Dolce
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)PUBBLICATO IL 24/03/2021